17 Giugno 2019 - Interpellanza 2019-02028
"Quale futuro per il Teatro Regio" presentata in data 28 maggio 2019 - primo firmatario Lo Russo.
Piero Fassino
Brevissimamente, perché non mi interessa davvero più di tanto una polemica retrospettiva, soltanto dei dati di fatto. I dati di fatto sono che il Teatro Regio, di cui tutti siamo preoccupati e che tutti ci auguriamo che i momenti difficili che sta attraversando siano rapidamente superati, perché è un bene della città importante ed è uno dei pilastri del sistema culturale della nostra città. Solo però perché le cose siano chiare: aveva un Direttore d'orchestra riconosciuto in tutto il mondo, si chiamava Noseda, se n'è andato e lo si è lasciato andare senza colpo ferire. C'era un Direttore artistico, che era Fournier, il cui curriculum vi invito ad andare a rileggere per capire qual era la qualità, il suo apporto alla vita del Regio e che ebbe un ruolo importante nel favorire il superamento di un momento difficile della vita del Regio nei rapporti tra Noseda e Vergnano, e lo si è lasciato andare.
Il Teatro Regio negli anni scorsi - me sono occupato perché ero in quel tempo anche Presidente dell'ANCI - salvo due Fondazioni liriche, tutte le altre Fondazioni italiane furono commissariate dal Ministero dei Beni Culturali. Le due Fondazioni non commissariate erano quelle della Fenice di Venezia e del Regio di Torino. Evidentemente se fosse stata così disastrosa, avrebbero commissariato anche il Regio di Torino.
Ancora, negli anni in cui io sono stato oltre che Sindaco anche Presidente della Fondazione e mi sono dedicato, e basta chiedere ai Consiglieri di Amministrazione e a tutti quelli che lavorano al Regio l'attenzione che ho dedicato, com'era giusto e come credo faccia anche il Sindaco Appendino, sono globalmente aumentate le risorse a disposizione del Regio, non quelle del Bilancio comunale, perché le restrizioni in cui dovevamo agire erano note, ma si è agito perché si incrementassero le risorse che venivano da sponsorizzazioni, partner privati e apporti dei soci non pubblici.
Ancora, ricordo che, in quegli anni, il Regio è stato il teatro italiano che ha avuto il record delle tournée internazionali, e le tournée internazionali non sono un lusso, sono un elemento fondamentale per il credito di un teatro, della sua orchestra, della sua immagine, della sua forza. E il fatto che il Teatro Regio avesse una presenza sulla scena internazionale con un numero di tournée che eguagliava soltanto quelle della Scala, superiore a qualsiasi altro, non credo che oggi debba essere considerato un limite o un errore, perché ha consentito ad accreditare il Teatro Regio come uno dei principali enti lirici italiani. Ora io ricordo che quando io ho lasciato la Città, e ha assunto la guida della Città la Sindaca attuale, Vergnano è stato confermato, ed è stato confermato per quasi due anni e se la gestione fosse stata così disastrosa come si è detto, perché non si è provveduto immediatamente a intervenire a rimuovere il Sovrintendente? Si è lasciato il Sovrintendente che continuasse in una linea di continuità a guidare il teatro. Quando Vergnano ha ritenuto di lasciare quell'incarico lo si è sostituito con un signore, su cui io non esprimo naturalmente alcuna valutazione, mi guardo bene dal farlo, anche se so che nei corridoi del teatro questo signore, che non mi conosce, spesso si permette di dare dei giudizi su di me e dovrebbe essere un po' più prudente, ma a parte questo, quello che però si può dire è che certamente non era uno dei nomi al top del mondo della lirica italiana e internazionale.
Detto questo, credo che abbiamo tutti interesse ad affrontare la situazione e cercare di rimettere il Regio nelle migliori condizioni per tornare ad essere uno dei principali teatri lirici italiani. Si è fatto un piano industriale, io l'ho letto, naturalmente. Considero il piano industriale velleitario, lo dico qui, perché sono obiettivi in linea di principio che nessuno, come dire, può, diciamo, contraddire: aumentare il numero delle recite, aumentare il numero delle presenze internazionali, ridurre i costi, tutte cose che in termini di principio sono obiettivi che chiunque scriverebbe in un documento. Il problema è la credibilità di quel piano. Io penso che il piano industriale sia velleitario. Si pone degli obiettivi che sono molto al di là di quelli che realisticamente chiunque abbia in mano il Teatro Regio oggi è in grado di perseguire e io credo che questo sia la radice vera, secondo me, della crisi che stiamo vivendo, al di là di tutti gli aspetti, diciamo, di contorno folcloristici che ci possono essere sempre nella vita di ogni istituzione; perché un piano industriale non credibile è quello che solleva dubbi, interrogativi, preoccupazioni, ansie in chi opera al Teatro Regio e del Regio vive.
Quindi, la vera questione, su cui credo che il Sindaco come Presidente della Fondazione debba concentrare la sua attenzione, sia una verifica attenta del grado di credibilità del piano, perché da questo dipende il rilancio del Teatro Regio. Mi permetto di dire, questa è la mia valutazione, naturalmente è un'opinione come tutte le altre condivisibile o no, che con quel piano industriale il Teatro Regio dalla crisi non esce e che quindi è necessaria una revisione di quel piano industriale. Grazie.