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Sempre a fianco di chi combatte per la libertà
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![]() In Ucraina oggi, come in Italia allora, un popolo combatte per la propria libertà. Per questo non si può essere equidistanti o neutrali tra un aggredito e un aggressore. Essere per la pace non può significare indifferenza di fronte alla sopraffazione. Quei tanti giovani italiani che nel '43 scelsero di combattere non erano "guerrafondai". Volevano la fine della guerra. Volevano la pace. Volevano vivere in un Paese libero. Ma sapevano - come ha ben ricordato il Presidente Mattarella - che non avrebbero avuto né pace, né libertà se non avessero combattuto, armi in pugno, contro chi aveva scatenato la guerra, messo a ferro e fuoco un intero continente, oppresso e ridotto in schiavitù milioni di persone e creato l'orrore delle camere a gas e dei campi di sterminio. E senza la scelta di combattere - e per molti di pagare con la vita - l'Italia non avrebbe avuto quella Costituzione il cui articolo 11 recita non semplicemente che l'Italia rifiuta la guerra, ma "la ripudia come strumento di offesa e di risoluzione delle controversie". E nel momento in cui vi è chi - come oggi Putin - ricorre alla guerra per offendere un Paese libero e per risolvere con la violenza i contenziosi, la scelta non può che essere di sostenere chi si batte per difendere la propria libertà e per respingere l'aggressione di cui è vittima. Anche perché soltanto se gli ucraini resistono si potrà giungere a una tregua e aprire lo spazio ad una trattativa. Celebrare il 25 aprile non è vuota formalità, ma deve essere riconferma dell'impegno a battersi perché i valori della Resistenza - libertà, democrazia, giustizia sociale, uguaglianza, solidarietà - siano riconosciuti, salvaguardati e garantiti in ogni terra e sotto ogni cielo. E significa essere al fianco di chi combatte per far vivere quei valori là dove sono negati o oppressi. Piero Fassino
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