TRAGEDIE CHE CI RIGUARDANO
Forse non sapremo mai come sia morto Aleksej Navalny, se davvero per cause naturali o per mano dei suoi carcerieri. Quel che sappiamo è che quella morte è giunta al culmine di una feroce persecuzione che ha visto Navalny arrestato, imprigionato, processato e condannato a numerosi anni di carcere e internato in uno dei famigerati gulag della zona artica. È tutto questo per reati di opinione, cioè per avere espresso critiche al regime di Putin e essersi battuto per difendere la libertà propria e dei cittadini russi. Sopprimono gli oppositori, ma non si spegnerà la battaglia per la libertà di milioni di russi oppressi da un regime feroce.
La responsabilità politica e morale della morte di Aleksej Navalny è dunque di Putin e del suo regime che non tollera alcuna forma di dissenso e non esita a eliminarlo non solo con i gulag, ma anche con la soppressione fisica degli oppositori, come è accaduto a Boris Nemtsov e ad Anna Politovskaya. È la stessa brutale violenza che Putin ha applicato contro il popolo ucraino per costringerlo a sottomettersi ai voleri di Mosca. Un'aggressione che non ha esitato a ricorrere ai massacri - come a Bucha - e che ogni giorno precipita un volume enorme di fuoco su case, ospedali, scuole, centrali elettriche, impianti ferroviari in una pulsione distruttiva che ha provocato migliaia e migliaia di vittime innocenti. Putin è dunque un pericolo per la vita e la sicurezza non solo dei cittadini ucraini, ma dell'Europa e del mondo intero. Ed è per questo che non si può cedere alla sua violenza. Sostenere l'Ucraina nella lotta per difendere la sua sovranità e libertà è un dovere morale e politico perché sono in gioco valori irrinunciabili di libertà, giustizia, rispetto della persona.
 

Piero Fassino
19 febbraio 2024