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L'EUROPA E L'OTTOVOLANTE DI TRUMP
Come un ottovolante sulle montagne russe continua la strategia sali-scendi di Donald Trump. Il metodo è sempre il medesimo, replicato anche nella vicenda dei dazi: avanzare una proposta imprevedibile e volutamente dirompente, obbligare così il mondo a stare su quel terreno di gioco, per poi negoziare in condizioni di forza. E poter dire agli americani che gli Stati Uniti sono tornati grandi. Soltanto che così si sta dissestando ogni regola e ordine internazionale, con gravi conseguenze anche sul piano interno.
Il modo con cui sono stati posti dazi supplementari a mezzo mondo - dalla Cina all'UE, dall'Australia al Canada, dal Giappone alla Corea del Sud, dal Messico a paesi emergenti asiatici - ha determinato un crollo delle borse e dei mercati finanziari provocando danni ingenti a un immensa moltitudine di persone. Negli Stati Uniti quel crollo ha colpito milioni di cittadini (il 67% degli americani investe i suoi risparmi in borsa e prodotti finanziari), rischiando di portare al collasso l'intero sistema previdenziale strutturato su fondi pensioni che dagli utili di borsa ricavano le risorse per pagare le pensioni. Per non parlare della spinta inflazionistica che i dazi scaricheranno in ogni Paese sui prezzi al consumo. Una decisione così dissennata che ha costretto Trump a sospenderla temporaneamente. Sospensione peraltro decretata alcune ore dopo che lo stesso Trump con un preannuncio ha consentito a pochi speculatori di capitalizzare in poche ore guadagni rilevanti. Ma quella moratoria non significa tuttavia una revoca dei dazi, ma un tempo più ampio per portare ogni paese al negoziato. E dunque l'impatto sarà in ogni caso dirompente, anche se cominciano a manifestarsi le prime crepe: la revoca dei dazi sui prodotti digitali che gli Stati Uniti importano in grande quantità dall'Asia è la conferma di quante criticità producono le scelte di Trump. E si può immaginare che a ruota altri settori premeranno per ottenere deroghe trasformando la strategia dei dazi in una gruviera piena di buchi. I Paesi destinatari dei dazi sono dunque chiamati a scegliere la strategia con cui affrontare la sfida di Trump. Vale per l'Unione europea il cui alto interscambio con gli Stati Uniti rischia di essere fortemente penalizzato. Stanno di fronte all'Unione europea due scelte principali. La prima è impedire a Trump di disarticolare la coesione europea con una negoziazione bilaterale paese per paese. Peraltro nell'Unione europea la politica commerciale è già comunitarizzata, cioè materia di competenza diretta della UE che negozia e tratta a nome di tutti i Paesi europei. Ma è comunque essenziale che nessun Paese si presti ad accettare negoziati separati e divisivi con l'illusione di ottenere condizioni più favorevoli. Con gli Stati Uniti - che rimangono in ogni caso un partner fondamentale per l'Europa - un negoziato è naturalmente necessario, ma con la schiena dritta e senza subalternità. Un atteggiamento a cui non può sottrarsi la Presidente Meloni nel suo prossimo incontro con il Presidente americano. La seconda scelta è muoversi su scala globale estendendo ulteriormente la rete di accordi di libero scambio sottoscritti dalla UE. Già oggi sono 42 per un totale di 70 Paesi coinvolti, ma altri accordi sono all'orizzonte: ha già compiuto un lungo percorso negoziale l'accordo con i Paesi latinoamericani del Mercosul che, una volta sottoscritto, consentirebbe la creazione della più vasta area mondiale di mercato comune. Nelle settimane scorse l'UE ha avviato i primi colloqui per accordi di libero scambio con l'India e con le cinque nazioni euroasiatiche. Entro l'anno si svolgerà il primo vertice UE-Paesi del Golfo. Ed è in preparazione il Vertice UE-Unione Africana per dare nuova linfa a un Partenariato avviato 20 anni fa. E naturalmente nodo strategico è verificare quali intese siano possibili con la Cina. Insomma: ad un'America che alza barriere e opprime i mercati con misure protezionistiche, l'Unione europea deve opporre una strategia di cooperazione per mercati aperti e scambi liberi, contribuendo così alla ricostruzione di un sistema di governance multilaterale del mondo. Cosi come alla scelta di Trump di delegittimare le istituzioni internazionali - dall'OMS agli Accordi di Parigi sul clima, dagli Accordi OSCE sulla tassazione delle multinazionali al Consiglio ONU per i diritti umani - la UE ha la responsabilità di assumere iniziative per consentire a quelle istituzioni di svolgere con efficacia la loro azione per un pianeta più giusto e sicuro.
Piero Fassino
13 aprile 2025
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