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VIVERE CON IL TERREMOTO
Mai come in questo tempo abbiamo la percezione di vivere con il terremoto, in uno scenario di anarchia internazionale segnato da persistente incertezza. Viviamo con guerre alle porte di casa, in Ucraina e in Medio Oriente, che nonostante reiterati appelli, proseguono provocando ogni giorno lutti, devastazioni, sofferenze a popolazioni ormai stremate. E del tutto inadeguati e inefficaci fino ad oggi sono stati i tentativi di fermare le armi per aprire finalmente la strada alla ricerca di soluzioni negoziate.
Sul fronte economico la guerra dei dazi scatenata da Trump sta mettendo sottosopra mercati, scambi, produzioni, investimenti, valore delle monete, con conseguenze inflazionistiche sui prezzi e sui costi che penalizzano l'attività delle imprese e i redditi delle famiglie. E più in generale il Presidente americano persegue la destabilizzazione della governance del pianeta, mettendo apertamente in mora istituzioni sovranazionali - dall'Organizzazione mondiale della sanità all'Unesco alla Corte Penale Internazionale - e accordi multilaterali come le intese sul cambiamento climatico del pianeta. Unico obiettivo America First e unica regola i rapporti di forza. Uno scenario che peraltro accentua la divaricazione tra Occidente e Global South vanificando sedi di concertazione comune come il G20 e aggravando il prevalere di politiche e comportamenti deregolativi. Uno scenario che aggrava anche le difficoltà di cui da tempo è afflitta l'Unione europea che di fronte a scelte decisive per il suo futuro manifesta, sotto la pressione di Stati e movimenti sovranisti, inquietanti incertezze e pesanti arretramenti in materia di diritti e coesione sociale. Ne sono manifestazioni evidenti il tormentato dibattito sulla difesa europea, le contestazioni di stampo neonazionalista al bilancio finanziario dell'Unione, il tentativo di smantellare le politiche di Green deal, le politiche migratorie, gli ostacoli frapposti alla Unione bancaria, il rifiuto di non poche capitali a condividere debito comune per sostenere il rilancio economico (come si fece con gli eurobond per contenere le conseguenze del Covid). Spicca in questo paesaggio devastato l'inconsistenza dell'Italia. Non è un mistero che la premier Meloni e buona parte della sua maggioranza non credano all'Unione europea guardata con diffidenza e ostilità, illudendosi di coltivare un rapporto privilegiato con il Presidente Trump. La brutalità del Presidente americano ha dissolto quella illusione come neve al sole e al tempo stesso la diffidenza verso Bruxelles impedisce all'Italia di assolvere a un ruolo che non sia accodarsi a muso scuro a decisioni altrui. È significativo che le scelte più impegnative - dalla riapertura di un confronto con l'Iran sul nucleare alla costruzione della "coalizione dei volenterosi" a sostegno dell'Ucraina - siano guidate da Francia, Germania e Gran Bretagna, a conferma della insufficiente volontà comune dei 27 Paesi dell'UE e del carattere puramente aggiuntivo del contributo italiano. È uno scenario che interroga la sinistra e le forze progressiste che in ogni Paese manifestano grande difficoltà a contrastare l'offensiva della destra sovranista. E appare via via più evidente l'urgenza di mettere in campo una riflessione culturale e una elaborazione progettuale che vada oltre la denuncia - doverosa naturalmente - dei rischi gravi a cui è esposta oggi la democrazia. Una riflessione e un'azione che non si limitino a proporre "quel che facevamo" perché le sfide dell'oggi non si vincono con la nostalgia di ieri, ma richiedono il coraggio di cambiare e innovare tutto ciò che è necessario per proporre proposte convincenti in cui gli italiani possano riconoscersi. Una urgenza a cui, per le responsabilità e la fatica che comporta la costruzione di un'alternativa, il PD non può sottrarsi.
Piero Fassino
21 luglio 2025
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