MIGRANTI. CAMBIARE UNA POLITICA FALLIMENTARE
Le cifre sono impietose: oltre 10.000 migranti approdati a Lampedusa in 48 ore portando a più di 140.000 i migranti sbarcati sulle nostre coste da gennaio ad oggi in una sequenza quotidiana ininterrotta di sbarchi.
Uno scenario che rende incontestabile il totale fallimento della politica migratoria del governo Meloni, segnato da una sequenza di proponimenti propagandistici, tutti regolarmente smentiti dalla realtà.
Si è incominciato con l’annuncio di un “blocco navale”, impraticabile per ragioni di diritto - lo vietano le regole internazionali - e operative, migliaia e migliaia di chilometri di coste da presidiare. Poi si è continuato evocando una chiusura dei porti illegittima. Si è continuato ostacolando l’azione di soccorso in mare dei migranti a rischio. Inseguendo queste misure velleitarie, si è abbandonato ogni impegno in Europa per la redistribuzione dei migranti e per una politica di accoglienza e di integrazione. E ancora inseguendo l’illusione del “blocco delle partenze” si è sottoscritto con la Tunisia un accordo clamorosamente smentito dall’enorme afflusso di migranti partiti proprio dalle coste tunisine.
E di fronte al fallimento di ogni ipotesi perseguita, in queste ore si ritorna all’antico: “blocco navale e detenzioni” ignorando una elementare verità: a chi vive nella fame e nella miseria non puoi dire semplicemente “stai dove sei”. Se non vuoi che venga qui, devi offrirgli ragioni di vita lì dove risiede, altrimenti se le cercherà da solo migrando. Per “bloccare le partenze” è necessario un robusto piano di investimenti e di interventi sociali a favore dei paesi da cui originano i flussi migratori. Ma di questo non c’è nulla. Il governo evoca da mesi un “Piano Mattei” che ad oggi non va al di là del titolo, non essendosi concretizzato in alcun progetto, né tanto meno in stanziamenti. Ed è significativo che nelle discussioni avviatesi in queste settimane sulla prossima legge di bilancio non ci sia alcuna menzione a stanziamenti per lo sviluppo dei Paesi da cui oggi provengono i migranti, così come si sono ridotti i fondi per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
Incapace di affrontare la crisi migratoria, il governo accusa l’Europa di volgere lo sguardo altrove. Certo, chi sbarca sulle nostre coste sbarca in Europa ed è destinato al fallimento qualsiasi azione che non muova dalla necessità di una politica europea condivisa e gestita in comune con l’impegno di tutti gli Stati europei. Ma si deve essere consapevoli che chi ostacola una strategia europea non sta a Bruxelles, ma a Budapest, Varsavia, Vienna e in altre capitali renitenti. E anziché battersi per superare quelle resistenze e ottenere l’adozione delle proposte avanzate dalla Commissione europea, il governo italiano flirta con quelle capitali.
La verità è che avendo la destra una radicata ostilità verso i migranti, avendo cavalcato negli anni un demagogico rancore contro gli “stranieri”, elude la necessità di una strategia vera per gestire un fenomeno che è pura illusione eliminare a colpi di decreto. Lo si vede anche nel modo caotico con cui si gestisce l'accoglienza dei migranti, tutta incardinata su una episodica distribuzione dei migranti affidata alle prefetture. Ma un prefetto - anche il migliore e il più consapevole - si occupa essenzialmente di trovare un letto per i migranti che il Ministero gli invia. Di più un prefetto non può fare perché non ha gli strumenti, né le risorse. Ma una politica di accoglienza e integrazione non si esaurisce in un giaciglio. Richiede che si attivino interventi per inserire i migranti, attivare percorsi di lavoro e di formazione, assicurare frequenza scolastica ai minori, garantire tutele sociali. E tutto questo lo possono fare i Comuni e le Regioni ai quali però occorre garantire alcune essenziali condizioni: 1) un fondo nazionale per le politiche migratorie a cui gli enti locali possano accedere; 2) una distribuzione dei migranti fondata su criteri di proporzionalità tenendo conto della dimensione demografica del Comune ospitante; 3) un sistema di accoglienza diffuso, evitando maxiconcentrazioni che accrescono le criticità anziché superarle; 4) una vasto programma di formazione che consenta l’inserimento al lavoro dei migranti; 5) una piena applicazione della legge sui minori non accompagnati.
Sono le richieste che vengono dalle Regioni e dall’ANCI.
E peraltro di fronte alla necessità di dare una risposta alla richiesta delle imprese di disporre di manodopera il governo ha deciso - in silenzio per non smentire la sua propaganda anti-immigrati - di autorizzare entro i prossimi tre anni l’ingresso di 500.000 lavoratori stranieri. E allora in coerenza con questo provvedimento non sarebbe ragionevole e sensato integrare anche i 140.000 migranti approdati alle nostre coste con politiche di formazione e inserimento al lavoro? È quel che ha fatto la Germania in questi anni con profughi siriani. E sulla stessa strada si sono messi alcuni Paesi del nord Europa.
Avrà il coraggio la Meloni di abbandonare la linea fin qui seguita per adottare finalmente una strategia migratoria efficace e utile al Paese?
 

Piero Fassino
16 settembre 2023