LA FOGLIA DI FICO ALBANESE
La presidente Meloni e la sua maggioranza enfatizzano oltre ogni misura l’accordo migratorio con l’Albania, presentandolo come la geniale soluzione per bloccare i flussi migratori.
L’accordo prevede che si istituiscano in Albania due centri di raccolta in cui vengano trasferiti i migranti raccolti in mare da Guardia Costiera, Guardia di Finanza o Marina militare. Non quelli eventualmente imbarcati su navi ONG, né i soggetti fragili (donne, minori) che verrebbero invece trasferiti in Italia.
Nei centri, che opereranno sotto giurisdizione italiana, verrebbe effettuato lo screening per valutare chi abbia titolo per l’asilo o la protezione umanitaria. Chi risulterà averli potrà entrare in Italia, mentre chi non li ha dovrebbe essere rimpatriato.
Ogni spesa per la realizzazione dell’accordo sarà a carico dell’Italia.
Detto così può sembrare semplice e rassicurante.
In realtà le cose non sono affatto semplici e ci sono fondatissimi motivi per dubitare che così si possano governare i flussi migratori.
Intanto non è chiaro sulla base di quali norme possa operare la giurisdizione italiana in territorio straniero, soprattutto di fronte a contenziosi di natura giudiziaria.
Non si capisce poi perché siano esclusi i migranti raccolti da navi umanitarie (che peraltro nel 2023 non hanno superato 5% di tutte le persone soccorse).
Ancora: l’accordo impone il contenimento dei migranti nei centri. Ma non essendo incolpati di alcun reato, non possono essere sottoposti a limitazioni della loro libertà personale. Che accade ogniqualvolta escono dai centri ricadendo sotto giurisdizione albanese?
Poi non è chiaro che cosa accadrebbe a quei migranti che risultassero non avere titoli per l’asilo o la protezione umanitaria. Si dice “saranno rimpatriati”. Ma l’accordo prevede che i migranti possono risiedere nei centri sul suolo albanese solo per il tempo necessario a definire il loro status. Dopodiché devono lasciare l’Albania. Il che significa che verranno trasferiti in Italia in attesa di essere rimpatriati. Rimpatri problematici visto che nel 2022 dall’Italia sono stati rimpatriati in tutto soltanto circa 4.000 persone.
Non solo, ma ci sono fondatissimi dubbi sulla conformità dell’accordo con le normative europee in materia migratoria e con il diritto umanitario.
E, infine, il governo pretende di attuare l’accordo senza un voto parlamentare, violando l’articolo 80 della Costituzione che prevede che gli accordi internazionali, di qualsiasi tipo e contenuto, hanno vigore solo dopo ratifica parlamentare. E in ogni caso poiché l’accordo prevede impegni di spesa il passaggio parlamentare è necessario. Peraltro se la Meloni è così orgogliosa di questo accordo perché teme di venirlo a illustrare e difendere in Parlamento?
Ma soprattutto non si capisce perché ricorrere all’Albania quando la procedura individuata - soccorso in mare, trasferimento in centri di raccolta, screening sul diritto all’asilo, eventuali rimpatri - potrebbe essere realizzata in Italia in modo molto più lineare, giuridicamente sicuro e con costi molto inferiori.
La verità è che la Meloni scottata dal fallimento della strategia di blindare le frontiere (130.000 sbarchi in dieci mesi), si è inventata la soluzione albanese per far credere agli italiani che i migranti non arriveranno più sulle nostre coste. E così “esternalizza” il problema: l’importante è che non sbarchino in Italia. Per il resto se la vedano loro.
Insomma, una foglia di fico con cui il governo tenta di coprire il fallimento della sua strategia migratoria: ha rinunciato a sostenere la Commissione europea nelle sue proposte di redistribuzione, ha continuato ad annunciare impraticabili blocchi navali e velleitarie blindature, ha approvato norme punitive come il decreto Curto rivelatosi del tutto inefficace e adesso ha scelto di scaricare il problema su un altro Paese.
Anziché affrontare con serietà un tema certo complesso, ci si affida a un fuoco di artificio. Ma i fuochi di artificio illuminano il cielo per qualche istante. Poi si spengono e torna il buio.
 

Piero Fassino
9 novembre 2023