Birmania: fermare la repressione, riprendere il cammino della transizione
01 apr 2021
Da due mesi in Birmania si sta consumando una tragedia. Sono più di 500 le vittime della brutale repressione scatenata dai generali che il 1 febbraio hanno rovesciato il Parlamento democraticamente eletto e il governo legittimo. Migliaia gli arrestati nonostante le manifestazioni, guidate dai giovani, siano pacifiche e non-violente. E nulla si sa della sorte di Aung San Suu Ky e degli esponenti del governo e del Parlamento arrestati nelle ore successive al golpe. Si è così brutalmente interrotta la transizione democratica avviata nel 2010 dopo oltre cinquant'anni di dittature militari.
Da tutto il mondo si è levata la protesta. Il segretario generale dell'Onu si è detto scioccato per la brutalità della repressione. Il presidente Biden ha manifestato sdegno annunciando sanzioni verso gli autori del golpe. L'Unione Europea - con dichiarazioni della Presidente della Commissione europea Van der Leyen, dell'Alto Rappresentante per la politica estera Borrell, del Parlamento europeo, del Consiglio dei Ministri degli Esteri - hanno condannato il golpe, chiedendo la immediata cessazione della repressione e la liberazione degli arrestati. Nonostante ciò la repressione continua.
Non ci si può, non ci si deve rassegnare. L'Unione Europea, gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia e altre nazioni democratiche hanno annunciato sanzioni verso i militari golpisti. Ma l'impegno dell'occidente da solo può non essere sufficiente. È necessaria una azione adeguata anche delle nazioni asiatiche che - per le intense relazioni che intrattengono con la Birmania - possono avere una influenza decisiva.
Serve perciò costruire una coalizione vasta - di Paesi occidentali e asiatici - che ottenga lo stop alla repressione, la liberazione di tutte le persone arrestate, il ripristino della legalità costituzionale e l'avvio di un confronto tra tutte le componenti - civili e militari - della società birmana per ridefinire modalità della transizione e tempi di nuove elezioni. E al tempo stesso è essenziale una vasta mobilitazione internazionale a sostegno del movimento democratico che si batte per non vedere la Birmania risospinta nel buio della dittatura.